SAN LORENZO DI BORE
I suoi ruderi sono difficilmente visibili in quanto avvolti da una fitta vegetazione. La chiesa, ora sconsacrata, si trova nell'omonima valle ed è conosciuta come San Lorenzo di Bore per distinguerla dall'altra, nota come San Lorenzo di Noazza. È una chiesa tipicamente campestre, in quanto allo stato attuale, non si scorgono tracce di insediamenti umani medievali o postmedievali, che potrebbero essere letteralmente scomparsi, o magari, con scarsissima possibilità, ancora sepolti. Le fonti relative all'edificio sono alquanto scarse. Attualmente è completamente invaso da rovi e piante di fico, mentre l'edera contribuisce a deteriorare le murature, inserendosi fra le fenditure e provocandone il dissesto. L'edificio è di pianta rettangolare ed orientato sull'asse SSE - NNO. Si conservano, parte della fronte con l'ingresso, anche se in cattivo stato e parte delle murature laterali, anch'esse fatiscenti. L'impianto è diviso in due settori: un vano rettangolare (mt 9,50 X 3,25) destinato ai fedeli e una vano quadrangolare (mt 3,90 X 3,90 X 4 sul riempimento), destinato ai sacerdoti (presbiterio). Al centro del pavimento si nota un vecchio scavo clandestino che ha rovinato le lastre litiche, che sono ora fuori posizione. Questo secondo vano è ancora voltato e vi si accede tramite un arco trionfale a sesto acuto, di mt 3,90 X 3,25 sul riempimento. È un ambiente voltato a crociera e intonacato con uno strato di calce(residuano diversi colori, ma nulla che possa far pensare ad un affresco). Sulla parete di fondo, si trova una sorta di basamento lapideo, sul quale veniva probabilmente adagiata la statua del santo. In alto, sulla stessa parete, quattro fori parrebbero testimoniare l'esistenza di una targa (?) ora scomparsa. Nelle pareti ESE -OSO, si possono ancora osservare dei blocchi che sostenevano dei sedili in pietra, ora rovesciati a terra. Sulla parete OSO, si osservano inoltre una finestra ogivale strombata (cm 90 X 50) ed una nicchia quadrangolare (cm 60 X 40 X 43) sormontata da un architrave cigliato. Nel vano maggiore notiamo un probabile ingresso, in origine a sesto acuto, sulla parete ESE.
Purtroppo non possediamo alcuna datazione, per cui l'origine della chiesa rimane avvolta nel mistero. Il Manconi scrive, in base ai registri parrocchiali che « ...le prime memorie della festa del santo risalgono al 1735. Ogni anno il 10 agosto vi si celebrava la solennità del Santo e i florinesi vi accorrevano in massa». Ricorda inoltre, che la chiesetta era dotata di un altare in legno, restaurato nel 1747 e oltre agli ordinari lavori di manutenzione, si provvide alla costruzione di una nuova porta. Di un certo rilievo sono le testimonianze orali su ciò che avveniva all'interno ed all'esterno dell'edificio di culto. Si racconta infatti, ormai nella sola memoria degli anziani del paese, che dal pavimento sotto l'altare, posto al centro del presbiterio, fuoriusciva dell'acqua, che invadeva l'ambiente sacro. Non solo l'acqua veniva fuori dal pavimento, ma anche da sotto le fondamenta dell'edificio. Questo accadeva sino a quando l'acqua non venne definitivamente invasata nell'attuale deposito, negli anni '30 circa.
Ad una prima analisi, la potrebbe datarsi prima del XVI secolo. Interessante è anche la figura a bassorilievo (cm 35 X 33) che sostituisce uno dei peducci su cui poggia l'arcata sinistra della volta del presbiterio. Si tratta di una figura umana di sesso maschile, che indossa una camicia a sbuffo, segnata lungo le maniche da incisioni parallele, quasi a voler imitare un particolare dell'abbigliamento (un costume sardo?). Fra le mani tiene forse un oggetto. Tutto il rilievo appare con un manufatto collocato posteriormente rispetto alla costruzione dell'edificio; sfugge ora, non solo il motivo per cui venne collocato in un secondo tempo, ma anche il significato intrinseco della figura
Scheda a cura della pagina facebook Tesori di Florinas
Come si raggiunge
Partendo da Via S'Ena, percorrere 1,2 km, svoltare a sinistra e proseguire sull'asfalto per 1,1 km; la stradina, che si trasforma in sterrato, procede per 600 metri, sino ad una biforcazione, dove è necessario lasciare l'auto e procedere a piedi seguendo la vallata, per circa 300 metri, sino a raggiungere due muri in pietra. Sotto questi, sulla sinistra, il rudere
Purtroppo non possediamo alcuna datazione, per cui l'origine della chiesa rimane avvolta nel mistero. Il Manconi scrive, in base ai registri parrocchiali che « ...le prime memorie della festa del santo risalgono al 1735. Ogni anno il 10 agosto vi si celebrava la solennità del Santo e i florinesi vi accorrevano in massa». Ricorda inoltre, che la chiesetta era dotata di un altare in legno, restaurato nel 1747 e oltre agli ordinari lavori di manutenzione, si provvide alla costruzione di una nuova porta. Di un certo rilievo sono le testimonianze orali su ciò che avveniva all'interno ed all'esterno dell'edificio di culto. Si racconta infatti, ormai nella sola memoria degli anziani del paese, che dal pavimento sotto l'altare, posto al centro del presbiterio, fuoriusciva dell'acqua, che invadeva l'ambiente sacro. Non solo l'acqua veniva fuori dal pavimento, ma anche da sotto le fondamenta dell'edificio. Questo accadeva sino a quando l'acqua non venne definitivamente invasata nell'attuale deposito, negli anni '30 circa.
Ad una prima analisi, la potrebbe datarsi prima del XVI secolo. Interessante è anche la figura a bassorilievo (cm 35 X 33) che sostituisce uno dei peducci su cui poggia l'arcata sinistra della volta del presbiterio. Si tratta di una figura umana di sesso maschile, che indossa una camicia a sbuffo, segnata lungo le maniche da incisioni parallele, quasi a voler imitare un particolare dell'abbigliamento (un costume sardo?). Fra le mani tiene forse un oggetto. Tutto il rilievo appare con un manufatto collocato posteriormente rispetto alla costruzione dell'edificio; sfugge ora, non solo il motivo per cui venne collocato in un secondo tempo, ma anche il significato intrinseco della figura
Scheda a cura della pagina facebook Tesori di Florinas
Come si raggiunge
Partendo da Via S'Ena, percorrere 1,2 km, svoltare a sinistra e proseguire sull'asfalto per 1,1 km; la stradina, che si trasforma in sterrato, procede per 600 metri, sino ad una biforcazione, dove è necessario lasciare l'auto e procedere a piedi seguendo la vallata, per circa 300 metri, sino a raggiungere due muri in pietra. Sotto questi, sulla sinistra, il rudere